Roma, 2013-06-13
Tra l'utopia di ottenere sufficiente crescita economica per dare un lavoro a tutti, e l'utopia di riformare l'economia in modo tale che dia un reddito incondizionato ad ognuno, la prima è quella meno realistica. Non a caso prossimamente la Svizzera sarà chiamata al referendum per l'introduzione di un reddito di esistenza. Ben centomila firme hanno raccolto gli attivisti del Basic Income Earth Network (BIEN), che propongono un sistema di welfare che eroghi una somma che garantisca la sussistenza dignitosa ad ogni cittadino, senza porre domande, rimpiazzando l'intero sistema tradizionale di sussidi e rivoluzionando sia il funzionamento del mercato del lavoro che della tassazione.
Intanto nel belpaese c'è ancora chi sogna il lavoro per tutti e conta sulla crescita per realizzarlo. Come se fosse una formula magica, i nostri politici insistono a predicare la crescita, senza mai soffermarsi a ragionare che cosa sia. Un fenomeno che accompagna l'umanità da milioni di anni — una risorsa che pareva infinita, come l'acqua e il petrolio. Con l'aumento di esseri umani al mondo cresce l'armata dei consumatori — questa la fonte primaria della crescita economica: povera gente che compra prodotti, spesso importati o offerti da multinazionali, nonostante non trovi lavoro stabile e viva in condizioni precarie. Si aggiungono l'uso delle risorse del pianeta ed occasionalmente le innovazioni tecnologiche. In pratica è, nel primo caso, una scommessa sulla povertà delle popolazioni svantaggiate e, nel secondo caso, lo smantellamento dell'ambiente. Le innovazioni tecnologiche solo di rado portano cambiamenti significativi e tutte le altre forme di crescita sono dovute alla competizione fra le nazioni o di altro carattere redistributivo — si tratta perciò di crescite artificiali o addirittura costruite sulle spalle di altri. Nulla di utile alla prosperità a livello mondiale, e certamente nulla che comporti la salvaguardia della biosfera.
Non ci vuole un dottorato in economia per dedurre che la crescita non è un obiettivo desiderabile, ma visto che le conseguenze si notano maggiormente nei paesi svantaggiati piuttosto che da noi, va benissimo farci governare da una maggioranza che preferisce credere di potere continuare così, sulle spalle dell'umanità. Seguendo per questa rotta la Cgil prevede che l'Italia solo nel 2076 tornerebbe al livello occupazionale del 2007, non considerando che nel frattempo non solo si molteplica la popolazione del pianeta, ma che ne conseguono guerre per togliere la prosperità a chi ancora ce l'ha.
Le nazioni unite stanno lanciando un appello allarmato — l'attuale sfruttamento eccessivo delle risorse ci porta da un lato alla desertificazione dei terreni e dall'altra parte, attraverso l'aumento della temperatura globale, alla perdita di terra fertile alle coste degli oceani — di conseguenza, entro poco, l'umanità non sarà fisicamente più in grado di sfamarsi, anche se la politica miracolosamente la smettesse di pensare solo a se stessa.
Altrettanto grave la sete di energia — nonostante tutte le misure di risparmio, il consumo dei petroli è raddoppiato dagli anni '70. Il nucleare triplicato. Quando si parla di sopravvivenza, tutte le battaglie morali crollano — la nostra resistenza all'energia nucleare sarà stata futile. Se non ci occupiamo dei problemi alla base, il nucleare si farà comunque.
La scelta che possiamo porci è: vogliamo lasciare che le cose vadano come vanno, portandoci irrimediabilmente a guerre, carestie e disastrosi cambiamenti climatici — o vogliamo cambiare? Se vogliamo cambiare, la prima cosa che c'è da fare è fermare la tossicodipendenza dalla droga più infame per l'umanità: la crescita. Solo se l'economia riesce ad autosostenersi possiamo stabilizzare l'uso delle risorse naturali e dare una mano ai popoli svantaggiati ad ottenere una vita dignitosa per ogni individuo, delicatamente disincentivando la procreazione. Ma parliamo di una vita libera da paure esistenziali anche per noi occidentali. In un mondo dove il lavoro per tutti è una promessa matematicamente irrealizzabile, abbiamo urgente bisogno di ridefinire il flusso della prosperità e il senso di sicurezza.
Misure di protezione del lavoro, che a suo tempo erano giuste, ora spaccano la società in lavoratori e disoccupati. Intanto le multinazionali riescono ad arricchirsi del nostro consumo, ma portano il capitale nei paradisi fiscali, il lavoro nei paesi in cui la manodopera costa poco e le direttive ambientali mancano. Siamo un popolo di consumatori di prodotti che danneggiano la biosfera e non creano posti di lavoro nel nostro paese.
Pare che i nostri politici si siano messi come obiettivo una crescita a discapito di altre nazioni, aumentando la competività, l'esportazione, abbassando i costi del lavoro. La voglia di tornare ad essere uno di quei ricchi paesi esportatori che bevono lo champagne e si fumano un sigaro in prima classe, mentre il pianeta Titanic inesorabilmente affonda. E osano addirittura citare l'articolo uno della costituzione per giustificare questo intento miope e sostanzialmente immorale. Intanto la possibilità di salvarci collettivamente dal naufragio non viene presa in considerazione seriamente.
La teoria del mercato libero, essenza dell'odierna economia, esige per il suo corretto funzionamento che non avvenga un cosiddetto fallimento di mercato, eppure tale fallimento di mercato è la norma, e lo è a livello mondiale: Il modo in cui il mercato non tiene conto dello smantellamento delle risorse naturali è il fallimento più ovvio e devastante che si può immaginare. Talmente ovvio che generazioni di economisti non ci hanno fatto caso. Il modo come traghettiamo prodotti da un continente all'altro, ignorando l'enorme danno causato dalle emissioni delle navi, dimostra che l'economia nella quale stiamo vivendo non è ragionevole. È completamente fuori di testa.
Se dessimo retta alla teoria liberale sarebbe necessaria una correzione del mercato da parte dello stato: dobbiamo introdurre tasse a tutto ciò che danneggia l'ambiente. Tasse sufficientemente alte da disincentivare i fenomeni che ci stanno portando allo sfascio globale. Enormi. Per tenere conto dell'ecologia nella matematica economica, per ottenere una economia sostenibile, libera da tossica dipendenza da crescita.
Con i fondi che le nazioni raccolgono attraverso tasse correttive, si puo' attivare lo scambio di merci in modo ecologicamente equilibrato e si puo' finanziare un nuovo welfare postlavorativistico, un reddito di esistenza veramente incondizionato e cumulabile al lavoro. E dobbiamo farlo per tutto il pianeta, per dare un senso di sicurezza alla popolazione umana, diminuendo le nascite — unico motivatore umanamente accettabile per stabilizzarla, così come è avvenuto in Italia dall'avvento della modernità. Non è accettabile di contare sulle guerre e le carestie per diminuire la popolazione umana — ed è questo che i nostri politici stanno effettivamente facendo, spero non consapevolmente.
Sono passati quarant'anni da quando il Club Of Rome pubblicò "The Limits To Growth," il rapporto scientifico sui limiti della crescita. Le previsioni sul problema della crescita esponenziale si sono dimostrate veritiere — tutto si sapeva già nel 1972. Anche loro arrivano alla conclusione che è necessaria una rivoluzione sostenibile e una redistribuzione dei patrimoni per fermare la crescita della popolazione.
Siamo ancora in tempo per riformare le politiche dell'umanità, ma ci servono politici che comprendono che non si può tornare agli anni '60.
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